Il periodo Etrusco e Romano.
Le descrizioni di Volterra, offerte dalla letteratura di tutti i tempi ci mostrano una città posta su un’altura, circondata da mura,
dominante un vasto e immenso territorio
: e infatti da qualunque parte ci si avvicini alla città, il profilo di Volterra, adagiata su un contrafforte collinare del periodo Pliocenico, a m. 541 s. l. m. domina il territorio circostante delimitato dal massiccio del Montevaso, dai cordoni dei Cornocchi e delle Colline Metallifere.
La posizione privilegiata del colle, posto alla confluenza della val di Cecina e della val d’Era, la naturale defendibilità del luogo nonché le caratteristiche ambientali e le risorse minerarie presenti nel territorio, favoriscono fin dal periodo Neolitico i primi insediamenti umani, sicuramente documentati dai copiosi reperti litici rinvenuti sul contrafforte volterrano e in particolare nella zona di Montebradoni.
L’alto medioevo
Assoggettata dagli Eruli e dai Goti, ospitò successivamente un presidio bizantino e, durante il regno longobardo, divenne sede di gastaldo, facendo parte della dotazione del re. Nel periodo più oscuro delle invasioni, appare la leggendaria figura del vescovo Giusto, patrono da Volterra, che, insieme ai compagni Clemente e Ottaviano, si rese benemerito della città a causa di imprese civili e religiose cui dette luogo durante la sua vita. Nei IX-XI sec., per il favore degli imperatori carolingi, sassoni e franconi, inizia e si sviluppa la signoria civile dei vescovi volterrani, che, esenti dalla giurisdizione comitale e forti di privilegi e immunità, finirono per imporre la loro civile autorità non solo in Volterra ma anche su molti popoli della diocesi.
[Chiesa di Volterra:
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Contemporaneamente, il risveglio economico generale, di cui appare qualche barlume negli ultimi tempi longobardi, porta la città ad essere il polo di focalizzazione non solo degli interessi religiosi, ma anche della vita sociale, economica e giurisdizionale del contado: i quattro mercati concessi dagli imperatori carolingi durante il IX sec. in concomitanza ad altrettante feste religiose, oltre a dimostrare la ripresa dei traffici e dei commerci nel territorio volterrano, rivestono una grande importanza, essendo mercati franchi, esenti da gabelle.
Il periodo rinascimentale
Mentre si operava nelle difese, le grandi famiglie volterrane dettero il via a numerose trasformazioni dei loro
palazzi
secondo i modelli elaborati dalla cultura architettonica fiorentina. La probabile presenza di Michelozzo nel cantiere del convento di San Girolamo a Velloso (1445) e di Antonio da San Galllo il vecchio, nella ristrutturazione della “Vendita” (attuale palazzo vescovile) potrebbe aver facilitato la diffusione dei modelli fiorentini: case e palazzi come quelli delle famiglie Pilastri, Ricciarelli, Minucci e Gherardi conoscono un rimodernamento delle facciate e un adeguamento delle antiche torri al nuovo gusto diffuso dalla città dominante.
Nel 1530, in un’ultima disperata speranza di riacquistare le libertà perdute, Volterra si ribellò ai fiorentini in guerra con i Medici, alleandosi con questi ultimi, ma fu ripresa e nuovamente saccheggiata dal Ferrucci. Restaurati i Medici a Firenze, Volterra perse definitivamente la propria indipendenza, e divenne una delle città dello stato mediceo di cui seguì le sorti; ma con il dominio granducale inizia per Volterra e il suo territorio un perido di lenta ma progressiva decadenza che si protrarrà fino a tuto il XVIII sec.
La ripresa della
lavorazione dell’alabastro
verso la metà del XVI si realizzò quasi esclusivamente come fatto d’arte e non si orientò verso indirizzi commerciali. Anche il tessuto insediativo non mostra grosse trasformazioni; si possono trovare alcuni interventi di completamento, come palazzo Inghirami (facciata realizzata su progetto di Gherardo Silvani) e di nuove costruzioni soprattutto religiose, fra le quali spicca la riedificazione della chiesa dei SS. Giusto e Clemente.
Dall'800 ai giorni nostri
Verso la fine del XVIII sec. e nella prima metà del XIX sec. si registrano incrementi nell’agricoltura, nella
commercializzazione dell’alabastro
e un decisivo miglioramento nei collegamenti viari; l’abitato urbano è oggetto di un generale adeguamento e riordinamento: si ha la costruzione del teatro Persio Flacco (1819), l’apertura della passeggiata dei ponti e della nuova carrozzabile per le saline (1833) nonchè il restauro degli edifici posti nella piazza dei Priori (1846).
Nella seconda metà del secolo, dopo l’unità d’Italia, a parte alcune ristrutturazioni degli spazi all’interno del
centro storico
per far posto agli uffici del nuovo regno, l’intervento di maggior rilievo è la creazione dell’ospedale psichiatrico (1888).
Infine il 13 marzo 1860 con 2315 voti favorevoli, 44 dispersi e 78 contrari Volterra vota la sua annessione all’Italia unita, pagando il suo contributo di sangue sia all’edifiazione dell’unità nazionale nella guerra 1915-18 sia alla lotta di resistenza contro il fascismo. In passato l’economia del terrritorio si basava soprattutto sulla estrazione del rame, dell’allume, dell’alabastro e del sale che venivano lavorati nelle manifatture volterrane ed esportati.
Oggi, con l’emigrazione avvenuta nel secondo dopoguerra, l’industria si basa su piccole aziende artigianali per la lavorazione dell’alabastro, sull’estrazione del salgemma, su qualche industria metelmeccanica e chimica; la popolazione residente dalle 17840 unità nel 1951 è scesa a 13800 nel 1991.
Una delle fonti principali di reddito è attualmente il turismo: Volterra infatti è in grado di mostrare non solo i grandi monumenti che hanno caratterizzato i suoi 30 secoli di storia ma possiede e gelosamente conserva tre strutture museali di notevole interesse storico artistico, il Museo Guarnacci, la Civica Pinacoteca e il Museo Diocesiano di Arte Sacra.
Fonte www.comune.volterra.pi.it |