Novembre 2001. Bibbiena, in provincia di Arezzo, magnifico borgo antico, splendidamente mantenuto in stile dagli sforzi dell'amministrazione comunale.
Nel 1847 l’Accademia degli Operosi, un’associazione bibbienese che aveva per motto il verso oraziano "Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci" (ottiene il consenso di tutti colui che unisce l'utile al dilettevole), fece costruire un teatro nel centro storico del paese di Bibbiena, a metà circa della via Rosa Scoti Franceschi che collega le due piazze principali.
Il progetto dell’edificio fu disegnato dall’architetto Niccolò Matas che fu anche progettista del rifacimento della facciata della chiesa di S. Croce a Firenze e dei padiglioni del Museo Napoleonico di Portoferraio. Si trattava di una costruzione tipicamente ottocentesca con fregi baroccheggianti ed alcuni richiami neoclassici. Esternamente non si differenziava in maniera particolare dal tessuto urbano circostante formato da case a schiera e nella facciata grigia non vi era nessun elemento decorativo che denunciasse la presenza del teatro.
Internamente presentava classica pianta ad U e palcoscenico parallelo al fronte della strada. Da un piccolo ingresso a tre porte si accedeva ad una platea con entrata posteriore centrale e due uscite di sicurezza anteriori laterali che si aprivano sull’ingresso collegandosi ad esso con due lunghi corridoi. Il teatro era dotato di tre ordini di palchi aperti a due piccole gallerie per complessivi 276 posti a sedere. Nel primo ordine erano presenti 10 palchi, nel secondo 8 e una piccola galleria e nel terzo un loggione diviso in 11 scomparti.
Nel maggio 1925 nel teatro Dovizi fu organizzato uno spettacolo di gala in occasione di una visita del Principe ereditario Umberto di Savoia in Casentino. Tra le due guerre ed immediatamente dopo il locale è stato utilizzato dalla popolazione per manifestazioni, feste veglioni danzanti della Befana e del Carnevale. Scioltasi l’Accademia degli Operosi, fu acquistato da privati e trasformato in cinema, eliminando parte delle attrezzature teatrali.
Nel 1975 il teatro Dovizi subì delle trasformazioni fra cui l’abolizione dei divisori dei palchetti. In questa occasione furono tolti il palcoscenico e i tendaggi rossi del suo rivestimento. Quasi inesistenti erano i servizi nella zona retropalco; in questo settore non c’erano aperture per lo scarico di eventuali materiali di scena, e l’uscita distava 30 metri dal punto di arrivo degli autocarri. La graticciata, il cui accesso era tramite una scala in legno, era completamente mascherata e resa inutilizzabile da un tamponamento. Nella zona di accesso al pubblico erano presenti biglietteria e servizi igienici. La copertura del teatro era in orditura lignea e laterizio e il soffitto decorato della sala era in stuoia intonacata. Nella decorazione interna esisteva la compresenza di elementi originali (mensoline illuminazione dipinte color oro, ornamenti del soffitto ecc.) con elementi aggiunti in tempi successivi come i pannelli "perlinati" in legno.
Nel 1982 il nuovo proprietario, il signor Giuseppe Cecconi, per le cattive condizioni della copertura e per l’inadeguatezza degli impianti dopo l’entrata in vigore delle recenti disposizioni di legge in materia di legge, chiuse il teatro. Nel 1986 l’architetto Fortunato Fognani elaborò un progetto di manutenzione straordinaria limitato al rifacimento delle strutture lignee e conseguente sostituzione del manto in laterizio. |